VITTORIE

Progetto
Realizzazione della nuova sede della contrada di Valdimontone
Anno
1993 - 1997
Luogo
Siena, Italia
Incarico
Collaborazione all'attività progettuale e alla direzione lavori.
Progettisti incaricati arch. Giovanni  Michelucci e arch. Bruno Sacchi
Note
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La nuova sede della Contrada di Val di Montone trova la sua collocazione tra due elementi di notevole rilevanza storica nell’ambito della città: le mura medioevali della città di Siena e la chiesa rinascimentale dei Servi.
Una delle caratteristiche dell’architettura e dell’urbanistica medioevale di una città come Siena è quella del percorso. L’edificio medioevale non lo si può dominare osservandolo da una posizione privilegiata. Se lo si vuole conoscere lo si deve percorrere in tutti i suoi spazi. Un edificio medioevale ha infinite prospettive, è cresciuto spesso a pezzi e ritagli. La città medioevale è raccolta e attraversata da strade e stradine strette e curve. Per conoscerla bisogna percorrerla: solo così se ne scoprono i segreti, le prospettive nonché i rapporti con la campagna che appare all’improvviso ed è sempre diversa. La città medioevale con i suoi borghi, quartieri o contrade, con le piazze (del campo, della Signoria, delle Erbe, del Popolo etc.) e con gli edifici pubblici (Palazzo del Podestà, palazzo comunale, cattedrale, chiese, ospizi, conventi etc.) è una struttura essenzialmente comunitaria.

(continua oltre la galleria delle immagini)
Lo spirito medioevale pervade il progetto: è come se le memorie solidificate negli edifici cittadini e nella psicologia collettiva avessero diretto e condizionato la ricerca dell’architetto. Questa sede è come un piccolo borgo con piazze (sono tre una delle quali assomiglia ad un piccolo teatro all’aperto), strade, camminamenti, soppalchi, strutture comunitarie, affacci sulle antiche mura e sulla campagna. Spazi sorti sugli strati geologici di tufo tipici della città.
In questo contesto la scelta dei materiali è stata imposta dall’austera visione medioevale. Una della tre piazze è pavimentata in cotto; per la seconda sono state impiegate le stesse pietre che l’amministrazione comunale usa nel rifacimento delle strade cittadine; la terza è pavimentata con pietra serena scalpellata a mano.
Tutto medioevale è il rapporto con la campagna che si può ammirare sia dalla piazza sovrastante sia da una serie di feritoie e aperture che sono altrettante prospettive sulla libertà.
Ma la campagna è anche all’interno di questa città: negli orti e nei giardini, negli alberi e nei balconi. Nata su un orto, la sede della contrada si affaccia ancora su di un orto entro la cinta muraria e si affaccia sulla Val d’Orcia fino all’Amiata.
È partendo da questi ampi scenari e dall’idea di uno spazio polivalente ed infinito che prende corpo l’architettura della sede della contrada con le sue strutture, le sue forme e i suoi volumi. Dentro la solidità strutturale i volumi si compongono e si scompongono in un gioco di luci e di ombre che conferisce all’interno dell’edificio un carattere variabile e quasi espressionista: luminoso e gioioso e al tempo stesso crepuscolare e melanconico.
Il gioco delle ombre è accresciuto dagli spessori differenti del tufo posato sulle strutture lungo il percorso esterno parallelo alle mura e alla grande vetrata che su di esse si affaccia. All’interno il gioco degli spessori lo conducono il cotto ed il travertino levigato che rivestono i pavimenti e le fondazioni della chiesa. Più in alto le fughe delle moderne strutture in ferro sono accompagnate dai controsoffitti e dalle teche in castagno che ospitano le preziose testimonianze della storia della contrada: i palii.
Sin dal XVIII secolo i palii sono i trofei conquistati dalla contrada. Altre contrade sistemano questi oggetti di grande valore storico in armadi o vetrine che assumono l’aspetto di grandi reliquiari. I palii della contrada di Val di Montone, adeguatamente protetti da teche in vetro, sono appesi alle strutture in ferro, ai tiranti o disposti in alto lungo le pareti della chiesa celebrando così la gioia di una colorate e vincente sbandierata: come se lanciati verso il cielo, siano stati fermati nell’attimo fuggente dell’esaltazione popolare. Non già reliquie da venerare secondo l’antica simbologia religiosa, ma trofei conquistati gloriosamente e coraggiosamente sul campo.

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